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martedì 27 marzo 2012

Corolli

Corolli

Oggi parliamo dei dolci di Pasqua nella tradizione senese. Questo mio articolo è uscito sul numero di Pasqua della rivista “Val d’Orcia Terra d’Eccellenza”, ma ve lo voglio proporre anche qui sul mio blog, visto che ormai la Pasqua è assai vicina. La mia principale fonte, quando parlo di cucina Toscana, sono i testi di Giovanni Righi Parenti, e sempre sua è la ricetta che vado a proporre oggi.

Il dolce più conosciuto della Pasqua senese e toscana in genere è senza dubbio la schiacciata che viene preparata nel periodo della Settimana Santa e offerta nella giornata di Pasqua a parenti e amici accompagnata da un generoso bicchiere di Vin Santo e dall’immancabile uovo di cioccolata. L’origine della schiacciata, che è una “pizza pasquale” dolce, ha tradizioni antiche legate al mondo contadino. Il termine schiacciata deriva dal grande numero di uova che vengono utilizzate (schiacciate) per ottenere questo dolce. L’usanza di utilizzare nel periodo Pasquale un grande numero di uova deriva direttamente dal Medioevo quando a causa della Quaresima, nei “40 giorni neri” era proibito mangiare tutto fuorché verdura e pesce, così enormi quantità di uova (una volta non esistevano i frigoriferi) si accatastavano in dispensa per poi essere utilizzate in grande quantità nella preparazione dei dolci pasquali. In molti luoghi della provincia di Siena la schiacciata viene segnata da una raggiera di strisce a ricordare lo schema del “Sole raggiante” di San Bernardino. Con gli avanzi di pasta le mamme preparavano per i loro bambini il “corollo”, una sorta di ciambella lievitata. I bimbi aspettavano ansiosamente di poter sbocconcellare il corollo che si poteva mangiare già dal sabato santo mentre per la Schiacciata era d’obbligo aspettare la domenica di Pasqua. Curioso era il gioco che facevano i bimbi con i corolli, li mettevano legati al collo, con una cordicella, e li sbocconcellavano con grande attenzione per non rompere il buco, vinceva chi riusciva a fare durare il corollo più a lungo possibile.
Altri dolci della tradizione pasquale sono il ciambellone che deriva direttamente dalla schiacciata con la differenza che il viene cotto nel caratteristico stampo a ciambella. Poi vi sono gli Africani, biscotti a base di zucchero e tuorli d’uovo, il nome deriva dal colore nocciola che questi dolcetti acquisiscono in cottura, ma la leggenda racconta che il nome venne dato da una massaia che lasciandoli troppo tempo in forno li annerì. C’è il Salame dolce, di origine aretina, ovvero un rotolo di pasta biscotto bagnato di alkermes e farcito di cioccolato, e le Ciambelline di Pasqua conosciute anche come “Ciambelline degli sposi” molto in voga un tempo oggi purtroppo abbandonate per la laboriosa preparazione che richiedono tra cui la doppia cottura. Una ricetta semplicissima ma immancabile sulle tavole primaverili dei giorni di festa è il budinone di riso: riso cotto nel latte zuccherato e arricchito di canditi, uvetta, vaniglia e liquore. C’è poi il Pan di ramerino che è il tipico pane della Quaresima che si prepara il Giovedì Santo. Un pane di origine medievale di semplice fattura arricchito dal ramerino (rosmarino) macinato e mescolato insieme all’olio extravergine d’oliva. Questo pane nelle campagne era ritenuto un pane di devozione e, durante la Quaresima, veniva preparato con grandissima cura secondo un rituale ben preciso dove ogni ingrediente aveva il suo esatto significato simbolico. Nello specifico il rosmarino è simbolo dell’immortalità e dell’amore eterno. I Quaresimali infine sono dei biscotti di origine antichissima di colore nero e a forma di lettere dell’alfabeto, un tempo erano solo una A per “Alfa”, una O per “Omega”, e una M per “memento”, vengono preparati con miele, zucchero e farina e cotti nel forno a legna dopo che si è fatto il pane. Vengono colorati con il cioccolato o con il caramello a indicare il lutto quaresimale: non a caso, sino a poco tempo fa erano l’unico dolce che si poteva consumare in tempo di Quaresima.

I Corolli
dal libro "Dolcezze di Toscana" di Giovanni Righi Parenti

Ingredienti
300 g farina bianca
80 g zucchero
30 g miele
50 gr olio d’oliva
25 gr semi d’anice
15 g lievito di birra
un pizzico di sale
1 uovo intero

Preparazione
Si prepara la pasta impastando la farina con poca acqua in cui è stato sciolto il lievito di birra, aggiungendovi lo zucchero, il miele, l’olio d’oliva e gli anici insaporendo con il pizzico di sale. Si forma a pagnotta che lasceremo lievitare per almeno 4 ore in ambiente caldo. Passato questo tempo si riprende la pasta, la divideremo in porzioni di circa 50/60 grammi con cui, dopo aver rullato un cilindro, prepareremo i Corolli, le rustiche ciambelle, che venivano cotte in forno, a poco più di 160°per circa 25/30 minuti (o sino a doratura), su una teglia, leggermente unta con poco olio o strutto di suino, dopo averle indorate con l’uovo sbattuto pennellandole con una penna di gallina al fine che, dopo la cottura risultassero lucide in superficie. 


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9 commenti:

  1. wow..complimenti...da provare!!

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  2. Anche in Abruzzo la schiaccia (o pizza dolce) è il dolce più conosciuto della tradizione pasquale. Anzi credo sia proprio l’unico. Quanti ce ne sono invece in Toscana, e tanti non li avevo mai sentiti prima. I corolli li adoro così profumati d’anice. Un bacio, buona settimana

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  3. buoni questi dolcini! non li avevo mai visti! che meraviglia, complimenti, un bacio e buon inizio settimana! :)

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  4. che bel post Laura! deliziosi questi Corolli!!baci!

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  5. credo di aver perso il commento appena fatto, quindi lo rifaccio:
    questi ottimi dolcetti non li conoscevo, quindi mi segno la ricetta!!!
    ciaoooo e buona settimana

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  6. Questi non li conoscevo mentre la schiacciata l'avevo fatta l'anno scorso e mi era piaciuta un sacco!!!

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  7. Ciao Laura, non avevo mai sentito parlare dei corolli... Mi segno la ricetta. Ciao

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  8. Veramente interessantissimo questo post con tutti questi dolci tipici sconosciuti a chi vive lontano da Siena! Qua al massimo si conosce il panforte!!
    E i corolli, che meraviglia!! Me ne legherei uno al collo anch'io!!! :D

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  9. Che fascino questi racconti d'altri tempi...

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